Attenzione al neuromarketing ed alla comunicazione emozionale
Perché ai bambini piace tanto sentirsi raccontare una storia?
Per pochi, semplici e potenti motivi:
- Trattano temi di facile comprensione
- Hanno un linguaggio adatto alla loro capacità di interpretazione del mondo
- Esprimono valori per loro significativi
- Ricevono attenzione da chi gli legge la storia
E se anche noi fossimo quei bambini che vogliono sentirsi raccontare una storia? Come possiamo fare un parallelo tra comunicazione e storie della buonanotte?
Proviamo così:
Le similitudini, quindi, sono più di una e da qui possiamo ricavare alcune parole chiave su cui riflettere:
- Interesse – problema/bisogno: che cosa è interessante per un adulto? Qualcosa che gli risolve un problema o che soddisfa un suo bisogno, rendendogli la vita più facile o dando l’impressione di migliorarla. Per questo dobbiamo sapere quali sono i bisogni (reali o indotti) del nostro cliente target, in modo da potergli offrire la soluzione migliore e catturare prima la sua attenzione (v. ultima voce) e quindi la sua fiducia.
- Linguaggio – codice: chiaramente per comunicare, oltre all’interlocutore, serve un codice condiviso che ci permetta di renderci subito interessanti e di parlare la stessa lingua. Nel momento in cui parliamo al nostro cliente target gli stiamo offrendo una soluzione, quindi dobbiamo ben conoscere la sua esigenza e le parole che per lui sono interessanti in quel momento. Perché in funzione dell’ambito in cui ci muoviamo, potremmo avere una persona che cambia registro / linguaggio a seconda del bisogno che sta esprimendo. Per esempio, immaginiamo di una donna che lavora, ha dei bambini piccoli, ama i week-end in agriturismo e pratica sport regolarmente. Per ogni suo ambito di interesse, cercherà prodotti che parlino il suo linguaggio in quello specifico settore. Che non è detto sia sempre lo stesso.
- Valori: ecco allora che anche i valori da trasmettere dovranno essere coerenti col brand che li esprime, per poter dare affidabilità. Ma quali sono i valori che il cliente cerca? Possiamo scoprirlo da indagini di mercato, focus group, sondaggi. L’importante è che quando decidiamo di abbracciare un valore e farlo nostro, poi siamo coerenti in tutto il resto, non solo nella comunicazione. Un esempio su tutti, il greenwashing: fenomeno che porta più o meno tutti i brand a scoprirsi green e votati alla sostenibilità e rispetto ambientale nella loro comunicazione. Spesso un po’ meno nella realtà, creando disvalore e sfiducia nel consumatore. Altro esempio attuale, le iniziative di charity rivelatesi un business per influencer per nulla coerenti col messaggio trasmesso, arrivando al limite della frode.
- Attenzione: lo scopo della comunicazione, prima ancora della vendita, è la brand awareness, la capacità di farsi ascoltare e di entrare nella testa del cliente. Operazione per nulla facile, anzi estremamente complessa visto che la pubblicità, le promozioni, le comunicazioni ci bombardano in ogni momento ed in ogni dove. Come si fa? Esagerare o essere semplici? Dove stanno l’efficacia e la genialità, la memorabilità? Difficile da dirsi, non esiste la formula magica. Ma anche qui, serve un’approfondita conoscenza del cliente target, delle sue necessità e dei suoi interessi.
Partendo da queste riflessioni, quali sono dunque gli elementi da tenere presenti quando affrontiamo la nostra strategia di comunicazione?
Al di là degli aspetti tecnici (tono di voce, storia, autenticità, originalità,…), a mio parere serve fare un focus che parte dal neuromarketing e si incrocia con la teoria del Golden Circle di Simon Sinek, ed insieme ci aiutano a capire meglio il funnel di acquisto.
In questa immagine vediamo come il cervello umano è stratificato in tre parti (neocorteccia, più razionale / limbico, legato all’emotività / rettiliano, la parte più profonda ed istintiva).
Ciò trova corrispondenza con la teoria del Golden Circle di Simon Sinek, dove la parte più esterna rappresenta l’oggettività del prodotto, il cerchio centrale ci dice come viene realizzato mentre il cuore del grafico, il cerchio d’oro più profondo rappresenta il perché quel prodotto, perché l’azienda ci crede.
Ed infine il parallelo col funnel del percorso di acquisto: dalla conoscenza razionale del prodotto (so che cosa è – aspetto razionale) alla consapevolezza più emotiva (come si differenzia dai competitors – coinvolgimento), fino all’atto di acquisto (perché scelgo questo invece di altro – scelta emotiva) e di fidelizzazione (perché soddisfa i miei bisogni).
Il perché acquistiamo un prodotto trova risposta nella soddisfazione di un bisogno, riflesso di un istinto ancestrale.
Ciò, quindi, è strettamente legato alla nostra sfera emotiva, attivata da una comunicazione efficace.
In assenza di emozioni, le informazioni che riceviamo difficilmente si radicano nella nostra mente.
Per catturare l’attenzione del nostro interlocutore, la nostra comunicazione deve parlare alla parte più ancestrale e istintiva del nostro cervello per mezzo della comunicazione emozionale.
Pertanto, quando approcciamo lo storytelling dobbiamo assolutamente considerare la forza delle emozioni che le parole sanno suscitare nel nostro target di ascoltatore per instillare in questo il bisogno di appagamento e di benessere che il nostro prodotto (e solo il nostro) potrà soddisfare.
A patto che sia fatto bene e che sia sempre coerente con la nostra identità.
E per identità si intende sia quella di marca, sia quella della persona -nel caso del professionista- che sta facendo self-branding.
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