Il marketing coglie e anticipa i bisogni del consumatore. E anche le sue paure
Dobbiamo rassegnarci alla paura? Sembra di sì, e il marketing si adatta.
Per la prima volta ho visto la pubblicità dello spray al peperoncino, rivolta a donne e ragazze, per sentirsi sicure ad uscire.
Frame di comunicazione semplice ma con tutti gli elementi giusti:
- figlia giovane che esce di casa
- padre (massima idea di protezione) che si preoccupa e la segue
- sta per piovere (pericolo imminente)
- il padre porge l’ombrello (dove sei più al sicuro se non sotto l’ombrello con tuo padre?)
- figlia che mette in borsetta la bomboletta di spray
- lieto fine: la tua sicurezza in sicurezza

Viviamo in una società che si fa sempre più violenta e nella quale la percezione della paura e dell’insicurezza crescono e si autoalimentano. E i fatti di cronaca rincorrono e confermano questa deriva.
Ormai la normalità quindi mette in campo la possibilità di essere potenziali vittime di aggressione.
E allora anche il marketing sente l’odore di questa paura e coglie, anticipandolo, un bisogno latente e lo trasforma in un’opportunità di business.
Ecco allora che i dati hanno mostrato un’impennata delle vendite di spray al peperoncino, strumento legale e di primo intervento in caso di aggressione.
E, siccome nel marketing vince chi arriva per primo, ecco che un prodotto finora molto di nicchia, per niente attraente e poco interessante diventa la star.
Si veste di rosa e paillettes per le ragazze, si fa accessorio che segue i trend e diventa un must have di questo periodo balordo.
Lo stesso successe con le mascherine in periodo Covid, quando da presidio medico divennero oggetto di moda, brandizzate, colorate, gadget da offrire ai clienti insieme al dispenser per l’igienizzante.
La leva emozionale del resto è sempre la più forte, sia che si tratti di emozioni calde e positive, sia che si tratti di insicurezze e paure ancestrali.
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